Intro

Al lettore che tra qualche anno o qualche centinaio di anni dovesse imbattersi in questa intro, potrebbe essere utile sapere che è stata scritta il 22 aprile del 2025. Le vite degli esseri umani, in quei giorni, erano pervase da un senso di sfiducia collettiva, ci si sentiva sempre sul baratro di qualcosa, nessuno aveva tempo per fare nulla, si usciva di casa la mattina presto e si finiva di lavorare quando era ormai notte, a prescindere dalla stagione. Le uniche voci a cui si prestava ascolto, in quei tempi lontani per il nostro lettore del futuro, erano le voci urlanti, voci che raramente dicevano qualcosa, o quantomeno qualcosa di sensato, dato che il fulcro del loro messaggio non era da rintracciare nel discorso complessivo, né nelle singole frasi, né tantomeno nelle singole parole, ma era identificabile nell’urlo stesso, nell’atto di urlare, cioè in una vibrazione d’odio generata dall’impotenza, odio che si spargeva tra i popoli con l’irrefrenabilità di un’infezione: c’era persino chi inveiva, in quei folli giorni, contro il prezzo – a suo dire troppo basso – che gli italiani pagavano per l’acqua, e non sorprendeva nessuno che orde di schiavi chinassero il capo e gli dessero ragione, insistendo così per morire di sete in un mondo che ormai era letteralmente in fiamme, dall’Amazzonia alla California, dal principato di Perejaslav al regno di Scheherazade.

Questo primo numero di «Lupe», intitolato La fine del mondo, arriva online a metà del 2025 ed è composto da tre sezioni: la prima ha lo stesso titolo del primo numero e comprende quattro racconti di altrettanti autori italiani inediti (in realtà, all’uscita del numero una delle autrici avrà appena pubblicato il suo romanzo d’esordio con Minimum Fax) accomunati, appunto, dal tema della fine del mondo; la seconda sezione è Genius Loci ed è costituita da due testi che partono da spunti autobiografici per infondere vita ai luoghi, che diventano personaggi centrali della narrazione; la terza, It’s a Wondeful Life in Small Town America, ospita due racconti ambientati nella provincia americana, i quali, attraverso percorsi diversi, utilizzano gli elementi del realismo mimetico per accompagnare il lettore in un’esperienza straniante e surrealista.

La fine del mondo

In La serra Fosca Navarra legge il presente attraverso un futuro distopico in cui parole come “brutto” e “fatica” sono ormai state dimenticate. In Cosa finisce nel fuoco Laura Guerrieri recupera un evento catastrofico di fine diciannovesimo secolo e lo trasforma in un racconto mitico in cui una bambina e un lupo tentano di liberarsi da una maledizione secolare. Naruto ricorda (e altri frammenti dalla fine del mondo) giustappone tre frammenti narrativi che non presentano un’unità di trama, ma in cui il protagonista di ciascun frammento prosegue il percorso interiore di quello che l’ha preceduto. Conclude la sezione Biondo cenere di Valeria Ferrari che segue i movimenti – spaziali e sentimentali – della narratrice in un quartiere di Amsterdam, Bijlmer, «la versione refurbished di un progetto di città del futuro andato storto».

Genius Loci

Scritto sull’acqua riunisce tre estratti di La aurora cuando surge (Acantilado, 2022) di Manuel Astur e si dipana tra la Roma dei poeti romantici inglesi e del fascismo, una Sicilia fatta di adolescenza eterna e vociare notturni e un villaggio di montagna delle Asturie. David Laskin in L’ultimo giorno a Roma mette in scena, invece, un sogno ricorrente e il tentativo di decodificarlo; per riuscire in questo intento sceglie di utilizzare per la prima volta nella sua carriera letteraria un idioma diverso dall’inglese, l’italiano, che è appunto l’idioma dei luoghi di quel sogno.

It’s a Wonderful Life in Small Town America

I bastardi del football è uno dei racconti della raccolta Hill William (Tyrant Books, 2013) di Scott McClanahan. Il narratore potrebbe sembrare il classico studente underdog, un po’ secchione, che all’improvviso diventa, per una serie di inaspettate coincidenze, il quaterback titolare della squadra della scuola; tutt’altro che classiche, però, sono le motivazioni che lo spingono a provarci con il football, la maniera in cui descrive la sua avventura e la concitata conclusione di questa storia. Il bianco in ogni macchia scura di Catherine Foulkrod ha tre protagonisti che risultano improbabili già a partire dai loro nomi: lui è Motherman, lei è Silowski, il loro bebé si chiama Boo Boo. Lingua, immagini e sviluppo della trama procedono di pari passo nel creare un’atmosfera sempre più disturbante e una serie di slittamenti emotivi che potete godervi grazie alla puntuale e sempre efficace traduzione di Agnese Cossu.

Prima di augurarvi una buona lettura, vi consiglio di soffermarvi sulla stupenda illustrazione di copertina di Tenero uovo (@tenero.uovo) e sulle altrettanto meravigliose illustrazioni interne realizzate da Gloria Abbondati e colorate da Mauro Maraschi (@mauro_maraschi).

E adesso, senza ulteriori indugi, BUONA LETTURA!