Iniziai a giocare a football dopo questo episodio1 perché pensavo di essere gay. Mi presentai agli allenamenti in tutti i miei gloriosi 167 centimetri di altezza per 47 chili di peso. C’erano anche altri tizi lì – studenti dell’ultimo anno che rispetto ai miei coetanei sembravano uomini fatti e finiti. Avevano barbe folte, baffi e morose con cui facevano sesso. Parlavano di cose tipo fare sesso con le loro morose o di come avevano fatto sesso con tizie che non volevano diventassero le loro morose. Parlavano di questo mentre camminavamo verso il campo da football nella densa foschia mattutina.
Dato che eravamo più piccoli, ci diedero le divise e l’attrezzattura merdose che i ragazzi più grandi non volevano. E dato che gli allenatori non erano ancora in campo, i ragazzi più grandi misero in fila tutti quelli più piccoli per giocare a smear the queer2.
Oddio, pensai, mi hanno scoperto. Sanno che non sono un duro. Ci fecero sedere sulle ginocchia e con le mani dietro la schiena. Allora uno dei ragazzi più grandi, Eddi Harris, iniziò a correre a tutta velocità urlando «OLD GLORY3» e poi si lanciò in aria come un missile e colpì il ragazzo accanto a me, Randy Doogan, abbattendo il queer4. Randy si contorse dal dolore e pianse e sparì sotto l’enorme corpo di Harris.
Harris si alzò e sussurrò a Randy che ancora piangeva: «Smettila di piangere, frocio. Sta arrivando l’allenatore».
L’allenatore stava arrivando. Aspettavo e immaginavo un gigante con una mascella d’acciaio o un tizio grosso come un camion. All’improvviso ecco che arriva a passo svelto – il gigante, il duro, il sergente di ferro, l’allenatore.
Era un tizio bassetto, di nemmeno un metro e sessanta, che portava un cappello da baseball e un fischietto al collo. Fischiò col fischietto fiu fiu, cosa che fece diventare la sua faccia rossa come quella di un diavolo, e tutti ci riunimmo attorno a lui con il fiu fiu che ancora ci risuonava nelle orecchie.
«Sono alto come lui,» pensai.
Fiu fiu.
Era questo il suono che facevano gli uomini?
Poi disse: «Ok. So che molti di voi vogliono essere dei duri. Ma secondo me avete succhiato dalla tetta rinsecchita5 per troppo tempo».
Non sapevo cosa fosse la tetta rinsecchita, ma non dissi nulla perché questo era il tizio che mi avrebbe insegnato come essere un duro. Questo era il tizio che mi avrebbe insegnato come essere un uomo.
Continuava a dirci che eravamo stati con le nostre mamme per troppo tempo. Poi ci disse che eravamo un mucchio di fighette. Diede un calcio a una sacca di palloni. Il suo cappello cadde a terra e le vene formarono un piccolo bozzo sulla sommità della sua scatola cranica.
Disse: «Prima intendevo mammolette, non fighette, quindi non vi permettete di dire alle vostre madri che vi ho chiamato fighette. L’ultima cosa di cui ho bisogno è di ritrovarmi domattina con uno spogliatoio pieno di donne pronte a farmi il culo».
Ci chiese se volevamo essere uomini.
Io volevo essere un uomo più di qualsiasi altra cosa in quel momento. Ci allenammo tutta l’estate, tirandoci giù a vicenda e vomitando.
Provavamo degli schemi e finivamo col culo per terra e vomitavamo.
Allora l’allenatore strillava un altro po’ e ci urlava: «Sono i fondamentali, ragazzi. Dovete andare giù col culo come quando cacate. Non potete rimanere dei mocciosi per sempre».
E poi vomitavamo.
Ero più giovane degli altri ragazzi, ma diventai il quarterback della prima squadra. Non riuscivo a smettere di pensare che lo intuissero, che lo sentissero a pelle. Pensavo che sapessero cosa aveva fatto con Derrick – la roba gay.
Arrivò la prima partita. Io ero in mezzo al capannello formato dai miei compagni di squadra, ma ero così piccolo che scomparivo al suo interno. Quando mi chinai per chiamare lo schema di gioco sentii delle risate provenire dalle gradinate perché sembravo un bambino rispetto agli altri giocatori.
Guardatelo. Sembra così piccino. Guardatelo.
Ciò nonostante, mi protesi verso gli altri e cercai di chiamare lo schema di gioco, solo che c’erano così tante persone che mi osservavano ed io ero così nervoso che, mentre chiamavo lo schema 29 Crossbuck pass on two, la mia voce venne fuori tremolante e incredibilmente acuta.
Sentii i ragazzi più grandi mugugnare: «Stai zitto. Corriamo con la palla. Usiamo il 29 Counter. Tu, un cazzo di lancio, non sei capace di farlo».
Io risposi: «Ma è lo schema che l’allenatore mi ha chiesto di chiamare».
Io nemmeno volevo farlo il quarterback. Ripetei 29 Crossbuck pass, sperando che seguissero le mie indicazioni.
«Cosa cazzo hai detto?» disse Eddie Harris, tanto per fare lo stronzo.
«29 Crossbuck pass on two. Pronti? Andiamo».
Camminai verso la linea di mischia sperando che i ragazzi facessero quello che avevo detto. Le mie ginocchiere erano abbassate, penzolavano attorno alle caviglie, ma le tirai su e continuai a camminare. Mi leccai le dita come facevo sempre per essere sicuro di poter afferrare bene la palla. Strofinai le mani con l’asciugamano che mi pendeva dalla cintura e mi leccai le dita di nuovo e mi posizionai di fronte alla difesa avversaria che mi stava già urlando: «Ehi, tu, fighetta».
La linea offensiva assunse la postura a tre punte6.
La difesa continuò: «Ti farò succhiare il mio pisello. Ti farò un culo così frocetto».
Io pensai: «Oddio. Forse sanno quello che ho fatto».
L’arbitro si fiondò davanti a loro e li invitò a chiudere la bocca.
Loro, però, gli risposero: «Chiudila tu quella cazzo di bocca».
Tremavo per il nervosismo, mi accovacciai dietro al nostro centro e disposi le mani a coppa proprio dietro alle palle del centro.
Dissi «Seeeeeeuuuuuut» per chiamare l’inizio della giocata, «Seeeeeuuuuut. Hut».
Mi passarono la palla. Le linee di attacco e quella di difesa si scontrarono: si sentivano protezioni che si frantumavano, urla, bestemmie, bastardo, bastardo, bastardo. Io indietreggiai, finsi di lasciare la palla all’halfback che si infilò per il 9 hole tra le maglie della difesa avversaria e poi guardai in profondità. Non potevo vedere niente perché non avevo messo gli occhiali. Sapevo che i tipi tosti non portavano gli occhiali. Poi vidi questa macchia rossa che sfrecciava in profondità. Era Eddie Harris.
Non riuscivo a capire se fosse davvero Eddie Harris, ma immaginai che fosse lui. Lanciai alto e lungo, sperando che la macchia fosse quantomeno uno dei nostri, e mi fermai a osservare la traiettoria della palla.
Allora il linebacker dell’altra squadra, una spallata dopo l’altra, riuscì a penetrare la nostra linea difensiva e mi mandò col culo all’aria.
Ero steso sulla schiena nell’erba bagnata, cosparsa di rugiada, e lo sentivo urlare sopra di me. «Rimani a terra, frocetto».
È proprio quello che feci, rimasi a terra, ascoltando la folla che si faceva silenziosa come se tutto stesse accadendo al rallentatore – shhhh.
E poi si fece ancora più silenziosa.
Ma poi.
Poi ci fu un’ovazione – un’ovazione così forte che la sentii rimbalzare contro il terreno e da lì fare un saltello e infilarmisi nelle braccia e infine mettersi a gorgogliare nel mio stomaco.
Mi alzai con un balzo e sentii un’ovazione ancora più forte – ahhh, così forte che ancora adesso, se sto in silenzio, posso chiudere gli occhi e sentirne l’eco.
Corsi in avanti, diedi un colpetto sul casco del grosso e stupido linebacker e guardai Eddie Harris farsi tutto il campo, 25-20-15-10-5 yard, fino al touchdown. Passai davanti alla panchina e tutti mi diedero delle pacche sul culo.
Fu bello ricevere tutte quelle pacche sul culo.
L’allenatore, Mister D, si aggrappò con entrambe le mani alla maschera del mio casco e lì capii che ero sulla strada giusta per diventare un duro.
La settimana seguente, le cose cambiarono.
Fu durante l’intervallo della partita con Alderson, quando il punteggio era di 0 a 0. L’allenatore sputava e imprecava e ci incitava e prendeva a pugni gli armadietti e ci urlava, durante l’intervallo: «Dovete stringere i denti, ragazzi. Dovete stringere i denti anche quando pensate di non farcela più». Poi urlò a JJ Huston, che stava sorridendo in quel momento, ma solo perché era una di quelle persone che sorride sempre: «Cazzo mi sorridi JJ? Fai sparire quel cazzo di sorriso dalla tua faccia».
JJ smise di sorridere.
Mister D tirò un pugno all’armadietto: «Giochiamo come dei chierichetti. Dobbiamo essere più tosti. Dovete stringere i denti e chiedervi se volete essere come quei cacasotto dei chierichetti».
«Siete pronti adesso?»
Noi rispondemmo: «Siamo pronti».
Lui disse: «Cosa?»
Noi rispondemmo: «Siamo pronti».
Lui disse: «Cosa?»
Ero confuso da questo scambio di battute. Forse l’allenatore non riusciva a sentirci?
Dopo l’intervallo corremmo in direzione del campo urlando e tirandoci a vicenda pugni e schiaffi per caricarci e io non pensavo a nient’altro. Non pensavo alle donne grasse o ai wah wah wah. Non pensavo al Vicks Sinex o ai coprliletto o ad altri wah wah wah7. Giocavo a football e chiamavo gli schemi perché ero il quarterback.
Chiamai il 40 sweep. Guadagnammo 8 yard. Chiamai il 31 dive. Guadagnammo 10 yard. Richiamai i miei compagni a fare capannello attorno a me e ridacchiammo. Un paio dei ragazzi più grandi stavano parlando nel mio capannello. Così gli dissi di chiudere quelle cazzo di bocche – erano ragazzi che mi avrebbero potuto fare il culo.
Ma chiusero quelle cazzo di bocche.
E mi ascoltarono.
Chiamai un altro schema e ci riunimmo sulla linea di mischia.
Il linebacker di Alderson mi gridò: «Fatti sotto e prova a fare un lancio, stronzetto».
Ma io non lo ascoltai.
Ridacchiai e dissi: «Seeeuuut hutt».
Ricevetti il retropassaggio. Finsi di correre con la palla e feci un passaggio breve sull’esterno e guardai Chris Timmons raggiungere la linea laterale.
Ma poi successe qualcosa. Il piede della piccola guardia difensiva di Alderson doveva essere intrappolato nel terreno e quando lui si girò le nostre gambe si attorcigliarono e si torsero insieme. Sentii che perdevo l’equilibrio. Mi sentii cadere. Sentii il mio stomaco a contatto col terreno. Mi tirai su col braccio destro e vidi il sinistro che era rimasto sotto di me. Il mio braccio sinistro era rotto. Sembrava che il mio avambraccio fosse stato spaccato da qualcuno e riposizionato a forma di lettera L. Le ossa stavano fuoriuscendo come punte di stuzzicadenti rotti. Le ossa erano dentellate e affilate e i loro denti stavano tagliando la carne del braccio.
«Oh cazzo!»
«Oh cazzo!»
L’arbitro si protese verso di me e deglutì. Poi deglutì di nuovo e il vomito gli venne fuori dal naso. Poi Mister D corse in campo. Mister D si piegò sulle ginocchia e indicò un brandello di pelle che stava penzolando dall’osso come del filo interdentale usato.
«Ehi Mister, penso di essermi rotto il braccio,» dissi.
Allora anche l’allenatore deglutì. Deglutì e vomitò all’altezza delle 48 yard.
La folla fece: «Ohhhhhh».
Io non dissi una parola. Sentii il paramedico che tagliava la mia maglia per togliermela di dosso. Immagino che l’odore di vomito stesse arrivando anche a lui. Anche lui vomitò. Mi misero sulla barella e un altro paramedico deglutì, ma non vomitò. Stava girato dall’altra parte, in modo da non dover guardare il mio braccio.
«Mi dispiace. Mi dispiace,» mi disse l’allenatore.
Pensai: «Che fighetta». Ma mi limitai a sorridere, a mostrare il sorriso sotto al pubblico che mugolava per la preoccupazione, e con il braccio destro sollevai quello rotto sperando che vomitassero tutti. «Vomitate bastardi,» gridai e sollevai il braccio ancora più in alto. Le luci dell’ambulanza cominciarono a lampeggiare. Il pubblico pensò che stessi cercando di dirgli che stavo bene. Così iniziarono ad applaudirmi.
Iniziarono ad applaudirmi così forte che potevo sentirlo dentro di me l’applauso. Volevo che vomitassero e mi applaudissero. Vomitate e applaudite, bastardi. E poi li sentii applaudire forte. Li sentii applaudire così forte perché finalmente ero diventato un duro. Finalmente ero diventato la checca più tosta che fosse mai esistita.
1L’episodio in questione viene narrato nel racconto The Blind and Deaf Kid, che precede The Football Bastards all’interno della raccolta Hill William.
2Smear the queer è un gioco per bambini diffuso negli Stati Uniti d’America in cui uno dei partecipanti, che viene chiamato queer, corre con una palla da football americano in mano mentre gli altri giocatori cercano di placcarlo e sottrargli la palla. Chi riesce a impossessarsi della palla diventa il nuovo queer. Il verbo smear è utilizzato in questo contesto con un significato piuttosto ampio che può indicare placcare, afferrare, far inciampare, scalciare o colpire con un pugno. Altri nomi con cui viene indicato lo stesso gioco sono Kill the man with the ball e Kill the carrier.
3Old Glory è un nomignolo con cui ci si riferisce alla bandiera degli Stati Uniti d’America.
4Queer in inglese originariamente significava strano, eccentrico, peculiare o insolito. Nel diciannovesimo secolo iniziò a essere usato per riferirsi alle persone non eterosessuali e/o non cisessuali con una connotazione negativa, per un periodo è stata utilizzata nei paesi anglosassoni come equivalente dell’italiano frocio, mentre oggi è stato recuperato dalla comunità LGBT come termine per autodescriversi con una connotazione neutra o positiva. In questa occorrenza abbattendo il queer traduce l’originale smearing the queer in cui queer viene utilizzato con un doppio significato: da un lato descrive la persona in possesso della palla nel gioco smear the queer, dall’altro una persona a cui viene attribuita una sessualità non etero e non cis con intento denigratorio.
5L’espressione originale sucking (on) hind tit è un’espressione idiomatica che vuol dire ricevere il cibo da una fonte di alimentazione inferiore/meno ricca, essere l’ultimo figlio o quello più trascurato oppure essere l’ultimo della fila/l’ultima ruota del carro (s.v. suck hind tit, en.witonay.org, 13/11/2020). La hind tit è, nei mammiferi dotati di più file di mammelle, una delle mammelle della fila più arretrata, che solitamente sono meno sviluppate e forniscono meno latte delle altre (Chicago God, sucking hind tit, urbandictionary.com, 12/04/2005)
6Postura a tre punte è una traduzione dell’inglese 3 point stance: le stance nel football americano indicano la postura di partenza degli uomini di linea e possono essere a due, tre o quattro punte, dove per punte si intendono le terminazioni degli arti (mai, piedi) che sono i punti d’appoggio del giocatore. Nella postura a tre punte il giocatore appoggia al terreno di gioco tre dita della mano forte (s.v. Offensive line, it.wikipedia.org, 22/10/2023).
7Il wah wah (o sad trombone) è un’onomatopea usata che riproduce l’intonazione calante di una tromba o un trombone adottata negli show televisivi per sottolineare che un concorrente ha sbagliato una risposta o fallito una prova.
Traduzione di Marco Gigliotti
Titolo originale: The Football Bastards Racconto incluso nella raccolta Hill William (Tyrant Books, 2013)